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Titolo: Ricostruzione di Gaza e degli altri siti distrutti dagli israeliani.

No alle discariche per inerti, no a buttare a mare le macerie. Pensiamo alle macerie come risorsa e non come rifiuto che, comunque andrebbe rimosso. Alcuni dati. Il costo umano del conflitto a Gaza è incalcolabile: i morti sono oltre 46mila, ma secondo lo studio di Lancet, le vittime di questa guerra sono molte di più, tra i 55.298 e i 78.525. Circa le macerie, secondo le stime dell’Onu (ultimi dati disponibili ottobre 2024), i bombardamenti israeliani hanno prodotto a Gaza oltre 42 milioni di tonnellate di macerie-inerti-rifiuti. I tempi stimati per la rimozione: 14 anni. I costi: 280 milioni di dollari ogni 10 milioni di tonnellate. A Gaza sono stati cancellati quasi 200mila edifici. Circa il 69 per cento degli edifici nella Striscia di Gaza è stato distrutto, tra cui circa il 90 per cento delle unità abitative. Distrutte 136 scuole e università, così come 823 moschee, più di 200 istituzioni governative e l'80-96 per cento delle risorse agricole. Nei primi anni novanta la frenesia di ricostruire Beirut in Libano determinò la decisione di buttare a mare le macerie provocate dai bombardamenti israeliani su quella meravigliosa città. Vennero sprecate preziose risorse e importare una grandissima quantità di materiali da costruzione, con spreco economico e di risorse. Fu un disastro ambientale ed economico di cui i libanesi ne stanno pagando ancora le conseguenze. Bisogna imparare dagli errori. Le tecnologie per il recupero e il riciclaggio degli inerti hanno un’antica storia. L’Olanda, più di ogni altro paese e per intuibili ragioni, ha utilizzato, con centinaia di impianti di recupero (circa 350) e riutilizzo gli inerti prodotti per costruire nuovi edifici, barriere contro l’invasione del mare, strade, infrastrutture, ecc. Stesso discorso per la Germania (oltre 150 impianti). Anche in Italia si è affermato un settore industriale importante per il recupero e il riciclo dei materiali inerti da demolizioni di edifici raggiungendo percentuali oltre la normativa europea. I materiali inerti classificati come rifiuti: cemento, mattoni, mattonelle, ceramiche, asfalto, sabbia, ghiaia, argilla, perlite e vermiculite, materiali di scavo e di canalizzazione, materiali di dragaggio, terre e rocce, terre di sbancamento, rifiuti misti da costruzione e demolizione e i rifiuti derivanti dalla lavorazione della pietra costituiscono principalmente le macerie (quindi materie prime-seconde) delle costruzioni a Gaza distrutte. Con i giusti processi di riciclo, questi materiali possono essere trasformati in risorse preziose, riducendo al contempo l'impatto ambientale. Il riciclo degli inerti riduce inoltre drasticamente la quantità di rifiuti destinati alle discariche, se non diversamente utilizzati, estendendo la vita utile di queste ultime e riducendo la necessità di estrarre eccessive risorse naturali (che nell’area non esistono!) per produrre materiali nuovi. Il riciclo degli inerti può contribuire inoltre alla riduzione delle emissioni di gas serra associate alla produzione di materiali vergini. In Italia, ad esempio, secondo l’Ispra nel Rapporto Rifiuti Speciali 2023, il 47,7% del totale dei rifiuti speciali derivava da queste attività, corrispondente a 78,7 milioni di tonnellate. La guerra israeliana ha prodotto a Gaza poco più della metà degli inerti trattati in Italia. L’acquisto o la messa a disposizione delle autorità palestinesi di un certo numero di impianti, i cui costi sono piuttosto contenuti, potrebbe favorire, accelerare e qualificare, con grandi risparmi economici, la ricostruzione dell’area con evidenti benefici per la popolazione, l’ambiente e l’economia.

 
   
   

  

   
   
   

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