Con furbeschi provvedimenti, l'ing. Biondi, dirigente del Comune, ha disposto l'abbattimento di 160 alberi (124 Grevillea robusta, pini e altri). L'opposizione ha proposto una petizione. Entriamo nel merito. La Grevillea robusta (pianta di origini australiana) messa a dimora su Corso Trieste e via Roma è stato un colpevole errore tecnico, tragico per la città per almeno quattro ordini di motivi: 1) le radici dell'albero tendono a svilupparsi in superficie, per cui alla lunga l'intero marciapiede andrà distrutto e l'amministrazione sarà costretta a rifare Corso Trieste e via Roma con costi di centinaia di migliaia di euro; 2) la crescita veloce (circa due metri l'anno!) e in altezza crea problemi a chi abita già al primo piano e non assolve al compito di mettere in ombra le strade oggetto di intervento; 3) un albero che assolve al compito di arredo urbano ma che si è costretti a potare frequentemente è un albero sbagliato. Qui si registra l'intera responsabilità e incompetenza dell'ing. Natale, all'epoca dei lavori direttore dei lavori. Incompetenza che sta pagando pero' la città con le potature annuali e con la distruzione fisica dei marciapiedi del Corso e di via Roma. Voglio pure ricordare che al dirigente avevo personalmente suggerito di non piantare la Grevillea robusta ma di utilizzare invece la Melia azedarach, pianta portata a Caserta da Graefer in occasione della realizzazione del giardino all'inglese. Albero ben acclimatato nel nostro areale; 4) l'obiettivo di mettere in ombra le strade non è stato raggiunto in quanto la Grevillea tende ad avere naturalmente una forma conica e non sviluppa i rami orizzontalmente. Per tutte queste ragioni, cui si aggiunge la sicurezza pubblica, l'abbattimento di 124 grevillee ne sono una prova e costituisce l'inizio di questa tragedia. Per quanto è dato sapere il resto degli alberi da abbattere (n.36) sono pini. Su tale specie, mi permetto di ricordarvi quanto ho già scritto sull'argomento il 30 ottobre u.s. in questa stessa pagina. Lo riporto in estratto. "Basta alberi sbagliati o fuorilegge nelle nostre città. Discutiamone. Nella tradizione paesaggistica e di arredo urbano italiano, il pino e, in genere, le conifere, per secoli hanno fatto da padrone nella scelta di alberature per abbellire le nostre città. Il cambiamento climatico, fattosi più aggressivo, e la natura stessa ad esempio dei pini (Pino marittimo e Pino d'Aleppo in modo prevalente), hanno radici concentrate e grandi chiome, costituendo uno squilibrio naturale che, nelle foreste di pini, è compensato dalle chiome che aiutano, toccandosi, a reggere l'intero sistema boschivo. Un pino isolato o in filare, presto o tardi crollerà. Non ce la può fare. E' naturale. Appena le condizioni climatiche cambiano: vortici, forte vento, ecc. il pino crolla. Un esempio tipico è il famoso pino (Pinus pinea) di Posillipo a Napoli, protagonista assoluto di milioni di cartoline e foto di turisti. E' stato sostituito numerose volte a causa del crollo dovuto al vento. Il pino da solo non può stare. I numerosi esempi e i molti morti da schiacciamento come a Monza, Bordighera, Saronno, Udine, Cagliari, Napoli, Capri, ecc. ne sono l'inconfutabile prova. Ciò significa che per mantenere una "tradizione" i pini andrebbero piantati realizzando dei mini boschi di almeno diverse decine di esemplari, quindi in aree adatte, anche pedonali purché si rispetti quanto specificato in ordine alla natura stessa della specie. In altre parole, niente filari. A questi alberi, assolutamente inadeguati e pericolosi, da molti anni ormai, nonostante la legge ne faccia divieto assoluto nell'arredo urbano, vengono usati pioppi, eucalipti e mimose. Tutti e tre queste specie producono allergie respiratorie, alla pelle e agli occhi. Hanno i rami particolarmente fragili e cadono con estrema facilità. (...) Trattasi quindi di danno prevedibile e annunciato. Sia chiaro a tutti! Già dal 1950 con un Decreto queste tre specie sono state messe fuori legge per l'arredo urbano. Ma a chi lo racconto? Ai famosi architetti del paesaggio? O ai solerti dirigenti dei comuni? O ai palazzinari che con quattro centesimi infestano condomini, opere pubbliche, scuole, parchi gioco con essenze che oltre ad ammalare possono anche ammazzare? (...)". Conclusione. Sul piano amministrativo le determine del solito ingegner Biondi sono una chiara forma di elusione della legge e come tale andrebbe denunciata alla Magistratura. Altro aspetto. Esiste un capitolato? E la legna che fine fa? Ha un suo valore. E' stato stimato? Dove va a finire quella montagna di materiale? E perchè non è stato previsto contestualmente al taglio una sostituzione di alberi di almeno 4 mt di altezza, ovvero immediatamente utilizzabili ai fini di arredo? In definitiva, l'Amministrazione comunale non sembra indovinarne una, mentre i dirigenti fanno quello che vogliono. La petizione sembra una prova di debolezza politica e di incapacità a pensare in termini giuridici, amministrativi e di movimento, una giusta, necessaria e urgente opposizione. La petizione, infine, appare carente anche in termini di capacità di proposta politica e di governo della cosa pubblica.